ALCIMILLA - IL GRAFFITO DELLA TABERNA DI POZZUOLI
A Pozzuoli, nei pressi di via Terracciano, non molto distante dall'Anfitetro Flavio, nel 1959, furono portate alla luce un gruppo di 8 Tabernae romane del I sec. d.C. Una di questa, la Taberna n. 5, che come risulta da alcuni graffiti presenti al suo interno, offriva oltre al ristoro anche posti per dormire, destò l'interesse degli studiosi proprio per i numerosi segni solcati.
Tra i segni incisi sulle pareti oltre a nomi di città, espressioni di vario tipo, nonché disegni che rappresentavano scene di caccia, vegetazione, gladiatori e fiere, spiccò per la sua peculiarità l'incisione nell'intonaco di una figura femminile crocifissa, intorno alla quale da subito si accese una dotta discussione.
Il graffito è composto da una croce a forma di T, alta 40 cm e con il patibolo lungo 26 cm e la vittima crocifissa alta 35 cm. Più precisamente il palo verticale (stipes) è rappresentato più spesso del palo orizzontale (patibulum) disegnato, invece, con un solo tratto. A quest'ultimo sono fissate le mani, mentre i piedi, opposti tra loro, sembrano fissati con un solo chiodo e la figura presenta le gambe inarcate. Il corpo sembra ricoperto da un mantello ovvero da una pelle di animale. La testa, rivolta di lato, sembra coperta da un copricapo oppure da una lunga capigliatura.
Lo scambio di vedute tra gli esperti fece seguito all'interpretazione autorevole di Amedeo Maiuri, archeologo di fama, che fu il primo a diffondere la notizia della scoperta il quale, ritenne fin dal momento del rinvenimento si trattasse della raffigurazione della crocifissione di Gesù, in un ambiente destinato a ospitare i primi cristiani. Ipotesi suffragata dalla vocazione mercantile della cittadina, dotata del più importante porto del mondo conosciuto, attraverso il quale, come era avvenuto per le altre religioni, seguaci della nuova dottrina erano transitati per raggiungere Roma.
D'altronde già l'evangelista Luca negli "Acta", dove racconta dell'arrivo di San Paolo a Puteoli, testimonia di una prospera comunità cristiana attiva nei Campi Flegrei prima che gli Apostoli raggiungessero l'Italia. Tale tesi, però, per quanto plausibile trascurava altri aspetti, di non poco conto della storia dei luoghi e della cultura dominante del tempo, nonché l'evidente contraddizione con le altre raffigurazioni presenti nel medesimo ambiente, riconducibili a spettacoli gladiatori e a "venatio".
Informazioni, che portarono altri studiosi a non condividere quanto affermato dal Maiuri e ad analizzare altre ipotesi interpretative. Margherita Guarducci, infatti, riteneva che quanto raffigurato sul muro della Taberna fosse attribuibile a un'esecuzione capitale mediante crocifissione che deve aver impressionato l'incerto incisore proprio perché puniva una donna, evento per quel tempo effettivamente raro.
Ella sostenne, inoltre, che il graffito riguardava con molta probabilità il supplizio di una cristiana di umile origine, vittima della persecuzione voluta da Nerone, riconoscibile per l'ampia tunica e la lunga chioma nonché per l'incisione del nome Alcimilla (Ἀλκίμιλα = Alkimila, Alkimilla) sul lato sinistro dell'immagine. Ipotesi condivisa da un'altra studiosa, Patrizia Sabbatini Tumolesi, che invece perorava la tesi che la vittima fosse colpevole di un delitto e pertanto punita con adeguata sentenza disposta da magistrati.
Altri studiosi, invece, non riconobbero elementi che riconducessero a una persona di sesso femminile, interpretando il disegno diversamente, facendo leva sulla poca chiarezza dei suoi elementi compositivi. La scritta Cumis incisa accanto alla croce ha fatto supporre ad alcuni che la cruenta pena possa essere stata eseguita nell'anfiteatro di Cuma tenendo in considerazione quanto riportato nell'editto pompeiano della metà del I secolo d.C. che menziona tra gli intrattenimenti in programma, oltre ai ludi gladiatori e alla venatio, anche il supplizio della croce.
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